Condividi positivo!

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I nostri status sui social network sono “contagiosi”. Parola della rivista scientifica Plos One. E quindi? Per stare bene, condividiamo positivo il più possibile…

Secondo una ricerca condotta dalla University of California e pubblicata su Plos One, condividere stati d’animo positivi genera emozioni positive nei nostri contatti; viceversa, gli status negativi disseminano negatività.

I ricercatori hanno preso in esame oltre un miliardo di aggiornamenti di stato anonimi, scelti a caso tra più di 100 milioni di user americani di Facebook, scoprendo che, oltre ai circoli viziosi e virtuosi innescati a seconda del tipo di post, le frasi positive sono più contagiose, generano in pratica buonumore e sono quindi (strano, ma vero) più condivise.

Secondo James Fowler, autore principale dello studio, la ricerca dimostra che “le espressioni emotive si diffondono online, e che le espressioni positive si propagano molto più in fretta di quelle negative”.

Per una volta, una buona notizia dal mondo dei social!

Leggi la ricerca.

La meditazione virtuale funziona

Qualche volta i social network aiutano a combattere ansia, stress e depressione. Parola di un team di ricerca statunitense che ha svolto uno studio su una community di Second Life, proponendo tecniche di meditazione virtuali. I risultati? Sorprendenti

Abbiamo scritto vari articoli riguardanti la dipendenza da tecnologia, supportati sempre da diverse ricerche. Finalmente qualche giorno fa ne è comparsa una su PLoS one, un aggregatore di studi pubblicati su diverse riviste scientifiche, che dimostra invece l’utilità dei sempre più diffusi social network nel combattere mali del nostro tempo quali ansia e stress.

La pubblicazione riguarda un esperimento sull’insegnamento online di tecniche di meditazione ed è stato condotto su 24 persone da parte degli studiosi del Massachusetts General Hospital (MGH). Si è in pratica chiesto al gruppo di pazienti di seguire, per otto settimane, un corso di meditazioni guidate su Second Life, dove si accede attraverso un avatar, cioè un alter ego. I soggetti sono stati divisi in tre gruppi, ciascuno dei quali doveva collegarsi due volte a settimana con gli esperti che spiegavano le tecniche e rispondevano a dubbi e quesiti.

Al termine delle sessioni è stato poi chiesto di compilare un questionario sulla percezione dello stress e dell’ansia. La maggior parte dei pazienti a dimostrato una riduzione dei sintomi e ha continuato ad utilizzare le tecniche apprese anche diversi mesi dopo la fine dell’esperimento.

Il successo della ricerca si è rivelato utile soprattutto per un motivo: consente ai pazienti che non possono partecipare ai gruppi tradizionali (perché magari portatori di handicap fisici) di superare le proprie barriere e di accedere quindi a questo tipo di terapie.

Come ha affermato Joseph Kvendar, direttore del Center of Connected Health, coautore della ricerca insieme a Daniel Hoc, ricercatore al Benson-Henry Institute for Mind Body Medicine dell’MGH, “i social network e le community online rappresentano ormai un importante elemento di supporto, informazione e motivazione per molti pazienti”.

Depressione da social

Tutti noi, ormai, abbiamo imparato a sfruttare le potenzialità dei social network: ci consentono di restare collegati con gli amici, di esprimere il nostro pensiero a un vasto pubblico, di condividere notizie e curiosità. Sono anche uno strumento di lavoro utilizzato da aziende e professionisti. Per qualcuno, però, il pericolo di depressione è in agguato

Il problema, stavolta, non è la dipendenza, bensì l’esplicito o implicito paragone che siamo spinti a fare quando agli utenti viene data la libertà di curiosare nelle vite altrui. Lo spiega uno studio svolto dalla Utah Valley University e pubblicato su “Cyberpsychology, Behavior and Social Networking”: vedere su Facebook fotografie sorridenti di amici e conoscenti porta le persone a credere gli altri più felici e ad innescare un senso di tristezza e depressione.

La ricerca è stata condotta dai due sociologi Hui-Tzu Grace Chou e Nicolas Edge su 425 studenti che hanno dovuto dire quanto tempo trascorrono sui social – in particolare su Facebook – e per quali motivi e a cui è stato chiesto di descrivere la propria felicità in relazione a quella dei loro “amici”.

E’ emerso che chi frequenta il noto social per troppe ore al giorno (oltre 4,8) riducendo al minimo i contatti con persone in carne ed ossa perpepisce amici e conoscenti come molto più felici; chi invece trascorre meno tempo in rete e ha una vita sociale reale ha dimostrato un approccio ottimista verso la vita.

Secondo i due ricercatori, il fenomeno che interessa gli studenti “depressi” prenderebbe il nome di “bias di corrispondenza” e si potrebbe tradurre come “la tendenza psicologica con cui traiamo conclusioni errate su una persona sulla base di una conoscenza limitata”.